Dal 13 al 15 dicembre 2024
venerdì 13 e sabato 14 ore 21.00, domenica 15 ore 16.00
Leonardo Lidi presenta
Il Giardino dei Ciliegi
Di
Anton Čechov
Traduzione
Fausto Malcovati
Regia
Leonardo Lidi
Con
Giordano Agrusta
Maurizio Cardillo
Alfonso De Vreese
Ilaria Falini
Christian La Rosa
Angela Malfitano
Francesca Mazza
Orietta Notari
Mario Pirrello
Tino Rossi
Massimiliano Speziani
Giuliana Vigogna
Scene e Luci
Nicolas Bovey
Costumi
Aurora Damanti
Suono
Franco Visioli
Assistente alla regia
Alba Porto
Produzione
Teatro Stabile dell’Umbria
In coproduzione con
Teatro Stabile di Torino
Teatro Nazionale
Spoleto Festival
dei Due Mondi
PROGETTO ČECHOV
terza tappa
Leggendo il Giardino dei Ciliegi di Anton Čechov
mi è sempre sembrato palese, e magari ho sempre sbagliato,
che il “nostro giardino” è sinonimo di nostro teatro.
Leonardo Lidi
Il nuovo spettacolo di Leonardo Lidi – presentato in prima assoluta al Festival dei Due Mondi – segna l’ultima tappa della trilogia dedicata ad Anton Čechov che coincide con l’ultima enigmatica opera dello scrittore e drammaturgo russo.
Un testo più concettuale e filosofico rispetto ai precedenti, che continua a sballottarci da un personaggio all’altro, spostando la “ragione” su più punti e facendoci letteralmente girare la testa.
Uno spettacolo che “rassicura nel dubbio”, raccontando la complessità umana e i suoi paradossi, e ci ricorda che senza i dubbi non potremmo sopravvivere e che, soprattutto quando si parla di teatro, senza il dubbio la creatività perde appetito.
Termineremo il viaggio confusi, pieni di domande e con pochissime risposte.
Ecco, forse, cosa vuol dire drammaturgia. Ecco perché Čechov, sopravvissuto al tempo, dovrebbe essere il maestro di riferimento del teatro del domani: un simpatico individuo che prendendosi un po’ in giro immette generosamente una riflessione nell’altro.
Con Il giardino dei ciliegi, Lidi conduce lo spettatore in un giardino/teatro che ora vive solo nel ricordo dei suoi interpreti. Un giardino inutile – il nostro teatro pubblico – in cui gli attori sono abbandonati nel dover auto affermare il valore del proprio lavoro, dopo una vita spesa per il teatro.